Sto sistemando il template, quindi potrebbe potrebbe risultare un po' sto
rto. Visto?

martedì 19 gennaio 2010

Se Clark Kent fosse stato mandato via di casa a 18 anni, Superman non avrebbe salvato il mondo

Niente, sull'ultima dichiarazione di Brunetta sono un po' perplesso, non tanto per quello che dice (si può tutto ricondurre al complesso dell'uomo basso, quindi comprensione) ma per il clima che c'è intorno, di cui lui è solo un portavoce. Tralasciamo le impossibilità materiali-economiche di andare via di casa presto per la maggior parte dei giovani, non ho nessuna intenzione di difendere la categoria; voglio solo fare il punto su un paio di cose.

Innanzitutto, in Italia abbiamo un governo che si sta sostituendo alla chiesa cattolica nell'intromissione in fatti e scelte private. Perché sia chiaro che qualsiasi scelta sul periodo giovanile di una persona spetta alla famiglia ed al giovincello, ad una scelta  privata e personale, che tenga conto della situazione particolare (condizioni economiche, aspirazioni del pargolo ecc.).

Vabbè, non la faranno mai una legge così, è una sparata, una cazzata. Però quello che conta è il clima "ideologico" (madonna che ideologie, de' 'sti tempi), il bombardamento mediatico di un'idea, stupidissima: se non te ne vai via di casa presto sei uno scemo, un buonannulla. Questa linea di pensiero (diffusissima, come quella che dice bisogna per forza lavorare, ma non è ora il luogo) antepone il farsi una vita al farsi una vita come tu vuoi che sia. Ormai l'unico criterio di valutazione è lo staccarsi da ma' e pa' il prima possibile; non contano un cazzo i meriti, le aspirazioni, i sogni, le competenze, i pregi (non per forza produttivi).

- Mamma, son appena tornato dall'università, mi voglio iscrivere a fisica.
- Eh.
- Dovrò impegnarmi parecchio.
- Eh.
- Che c'è, mamma?
- Ma, non lo so... ancora qua a casa da noi?
- Mamma, ma l'università sta qua dietro...
- Eh sì, ma boh... sei un po' mammone però...
- Sì, ma voglio fare fisica quantistica!
- Dovresti andartene...
- Studiare le superstringhe!
- Tipo in Croazia...
- I superconduttori!
- ...a Zagabria magari...
- Il gatto di Schrodinger!
- ...già, a fare il manovale magari...
- Mamma! La fisica! La conoscenza della materia! Mamma che fai?!
- [SBAM]
- Caro, chiama il ferramenta che c'è da cambiare la serratura. Quando sarà grande ci capirà, è ora che si faccia le ossa.

domenica 17 gennaio 2010

Come sputtanare un razzista in poche semplici mosse.

L'ipocrisia porta la società ad affinare la retorica per continuare a pensare e a dire quello che ha sempre pensato e detto. Come avevo già riportato in un altro post (seguendo un ragionamento di DFW), se il linguaggio, invece che mutare posteriormente ad un cambiamento culturale, muta indipendentemente da questo, in realtà non cambia il linguaggio, ma la retorica. Ovvero si continua a dire la stessa cosa, ma con parole diverse.

Superata l'introduzione ampollosa non mi resta che sputtanare, con un'analisi terra terra, una frase che si avvale dei meccanismi più consueti del politically correct:

Io non sono razzista, però gli zingari / i rumeni / i nigeriani / i venusiani [...]


Le due proposizioni sono coordinate da una congiunzione avversativa, che normalmente introduce un secondo dato inaspettato, in modo che entrambi mantengano la validità (Non ho fame, però ora vado a pranzo, se questa cosa la dicesse un gatto sarebbe ancora più inaspettata, ma questa è un'altra storia).
Fin qui tutto normale no? Peccato che un'avversativa può sovrapporsi ad un principale, introdurre un elemento secondo il senso comune inaspettato, ma non può negarla. Nel secondo esempio c'è dell'inaspettato, ma nessuna negazione (si può pranzare, essere obbligati a pranzare, senza per forza avere fame), nel primo la negazione c'è: io non sono razzista, ma distinguo i comportamenti basandomi sulla razza, ovvero io non sono razzista ma sto facendo un "ragionamento" (!) razzista.

Consiglio per chi sente questa frase: accendetevi una sigaretta, guardate divertiti l'interlocutore, spegnetela sul tallone dell'interlocutore, sussurrategli all'orecchio: "Attento, la sintassi ti controlla".

Consiglio per chi usa questa frase: siate più accorti e formalmente corretti, se non volete avere una sigaretta spenta sul tallone. Personalmente posso consigliarvi di usare frasi come:

Io non brucio i negri, però gli zingari volentieri.


Penso che i negri siano esseri umani come noi, però come schiavi fanno più comodo.


Prendere a fucilate un negro non è il mio hobby preferito, però lo pratico volentieri se poi continua a raccogliere pomodori. Altrimenti brucio campi rom, che tanto quelli li rubano i pomodori.

sabato 16 gennaio 2010

Contro le immagini

Di nuovo online dopo quasi un mese senza internet. Vabbè, la prendo con filosofia, come il maestro Pai Mei. Il blog è stato naturalmente trascurato, e lo aggiorno riportando un pezzo che ho trovato per caso studiando tutt'altro.
Il testo è un Buongiorno di Massimo Gramellini, che mette in ordine qualcosa che confusamente pensavo e penso quando vengono diffuse immagini di un particolare impatto (ultimo caso il video delle maestre di Pistoia).
Non adoro Gramellini, ma in questo articoletto è ordinato e diretto, e non aggiungo altro: la penso così.


MI dissocio dal convincimento diffuso che mostrare immagini di violenza sia giusto o addirittura necessario per accrescere la consapevolezza dei cittadini. Le foto delle torture e dell'ostaggio sgozzato contengono un inganno. Dicono a chi le guarda: siamo documenti autentici che ti permettono di formarti un'opinione sui fatti. Ma mentono, perche' a diffonderle nel tritacarne mediatico e' stato e sara' sempre un potere di parte, interessato a provocare certi effetti (le dimissioni di un ministro, la sollevazione di una massa). Quindi l'immagine non libera lo spettatore: lo usa. 
Ma c'e' un'altra ragione ancora piu' importante che mi spinge a diffidarne. A differenza di un testo scritto, l'immagine di un orrore non stimola la riflessione, ma solo un'emozione momentanea e prevedibile, che si limita a ribadire cio' che sappiamo gia': in questo caso che le guerre di ogni epoca tendono a estrarre dall'uomo le pulsioni piu' estreme.
Ma nella civilta' dell'immagine esiste solo cio' che vedi, sfringuellano i guru della modernita' acritica per giustificare il loro voyeurismo. Gia': ma PER QUANTO esiste? L'immagine, anche la piu' sconvolgente, galleggia in superficie. E produce reazioni emotive che evaporano in fretta, lasciandoci dentro un ricordo confuso e una scia di sdegno che va a stratificarsi sulle precedenti per gonfiare il salvagente di cinismo con cui cerchiamo di proteggerci. Rendendo indispensabile aumentare la dose dello schifo, la prossima volta.

domenica 3 gennaio 2010

Punto e virgola

Una qualsiasi scuola, anno 2015.


Il professore d'italiano entrò in classe, salutò i ragazzi e riprese la lezione sulla punteggiatura interrotta il giorno prima. Prese il gessetto e tracciò sulla lavagna un enorme punto e virgola:


;


(professore) E questo ragazzi è il punto e virgola.
(classe) … ??
(professore) Ora, so che molti di voi non sappiano nemmeno cosa sia, ma è un segno utilissimo. Serve a separare due frasi complesse che parlano di una stessa cosa.
(classe)
(professore) Non l'avete mai visto?
(un qualsiasi studente) No, professo'!
(professore) Non ci credo, sono sicuro che l'avete visto, almeno in un caso.


Il professore prese il gessetto e tracciò accanto al punto e virgola un trattino e poi una parentesi chiusa:


;-)


(classe) Ahhhhhhh!
(professore) Visto? Che vi avevo detto? Lo usate tantissimo, e nemmeno sapete di usarlo. Oltre a separare due frasi complesse che parlano di una stessa cosa, è molto utile in elenchi dove le frasi sono abbastanza lunghe ed articolate. Facciamo subito un esercizietto: prendete un foglio e provate ad usarlo come pensate vada usato in base a quello che vi ho detto.


Ogni studente si mise d'impegno nello svolgimento dell'esercizio: chi si mangiucchiava la penna con sguardo riflessivo; chi guardava fuori dalla finestra alla ricerca di una qualche ispirazione; chi, colto da furore interpuntivo, già scriveva infervorato. Dopo che ogni studente ebbe consegnato il suo esercizio, il professore cominciò subito a correggere i compiti per proseguire la lezione.


(dal primo compito)


La scuola in cui vado è gestita da varie figure, tutte molto importanti: il preside, che dirige la scuola ed è il capo;-) i professori, che ci fanno lezione;-) i bidelli, che puliscono e fanno suonare la campanella.