Sto sistemando il template, quindi potrebbe potrebbe risultare un po' sto
rto. Visto?

martedì 17 agosto 2010

Di "k", di "bira" e di una lingua che tutto sommato sta bene, ma per ora va in silenzio stampa

Accade che i giornalisti, per alleviare le loro turbe, si divertano a fare articoletti come questo, o servizi come questo. Accade che l'opinione pubblica si scandalizzi e rida. Di conseguenza accade che la scaletta dei problemi linguistici sia in mano al sensazionalismo mediatico, che trasborda nel moralismo e che crea facilmente un meccanismo giustificatore e consolatorio.

E non si usa più il congiuntivo, e si usa x per per e k per ch, e guarda quanti anglicismi, e quelle ragazze dicono bira, e guarda le faccine, e guarda quante sigle. Oddio che schifo, fatemi una flebo di Baricco sennò svengo.

Vi svelo un segreto: il lessico è il settore più esterno e più soggetto a mutamenti legati a fattori esterni di una lingua; la grafia, in sé, è una modalità di rappresentazione, e incide davvero poco sulla lingua. Questo non vuol dire che si può fare il cazzo che si vuole con lessico e grafia, semplicemente non si possono considerare problemi primari dei fenomeni relegati in contesti specifici e particolari. Gli anglicismi sono per lo più tecnicismi, o si trovano in alcuni gerghi; i fenomeni relativi alla grafia si presentano, per lo più, in contesti comunicativi (chat, SMS, ecc.).

Gramsci (e non lo cito a sproposito, in quanto linguista di formazione) tra le grammatiche di una lingua includeva la grammatica normativa non scritta: 

"[...] esiste anche, di fatto, cioè anche se non scritta, una (o più) grammatica «normativa», ed è costituita dal controllo reciproco, dall'insegnamento reciproco, dalla «censura» reciproca, che si manifestano con le domande, «Cosa hai inteso, o vuoi dire?, «Spiegati meglio», ecc., con la caricatura e la presa in giro, ecc.; tutto questo complesso di azioni e reazioni confluiscono a determinare un conformismo grammaticale, cioè a stabilire «norme» o giudizi di correttezza o di scorrettezza, ecc." (Quaderno 29, par. 2)

La norma della classe dirigente, irradiata tramite centri di diffusione (come televisione e giornali), diventa il conformismo grammaticale (senza nessuna accezione negativa) che si propaga nella comunità. Era il 1935 e la lingua italiana era ancora poco diffusa. Il conformismo grammaticale era l'italiano stesso che si stava affermando.

Oggi l'italiano lo sanno, bene o male, tutti. Cosa irradiano i centri di diffusione, oltre alla lingua in continua evoluzione? Considerazioni metalinguistiche, che vengono recepite e propagate a loro volta dai parlanti/scriventi. Continuando a usarlo con accezione neutra, il conformismo diventa anche metagrammaticale. 

Arrivo al punto: il problema non è che esista un conformismo metagrammaticale (o più semplicemente una serie di fenomeni che sono riconosciuti dalla comunità come indice di scarsa competenza linguistica). Il problema è che il conformismo metagrammaticale si appoggi non su basi linguistiche, ma su basi mediatiche e moraliste. È la spettacolarizzazione di fenomeni che incidono davvero poco sulla lingua e sul suo uso corretto, chiaro ed efficace.

La focalizzazione solo su questi problemi, che possiamo considerare minimi, è un potente meccanismo consolatorio di giustificazione e legittimazione. Nella comunità arriva un messaggio: basta usare la tradizionale grafia, o un congiuntivo al posto giusto per parlare/scrivere bene, essere chiari. 
Chi devia è un analfabeta degno delle nostre risate. Chi si adegua sa usare l'italiano.
Basta leggere i commenti ai servizi o agli articoli suddetti per rendersi conto che chi si adegua e taccia gli altri di analfabetismo, piangendo la morte della lingua italiana, non se la passa, linguisticamente, tanto bene. 

Altri problemi, questi sì importanti, sono taciuti dai mass media e sconosciuti alla comunità. Povertà e insicurezza lessicale, irradiata dagli stessi giornali; la pressione della lingua del politicamente corretto, molto più invadente dell'inglese, irradiata dagli stessi giornali; difficoltà nella costruzione di un testo e nell'uso della punteggiatura, ecc. 

La realtà mediatica ci dice che è più spettacolare un SMS di una prova scritta d'italiano organizzata male. Ci dice che è preferibile scrivere di quanto siano brutte le parole inglesi che di quanto sia inefficace (e controproducente), per risolvere un problema culturale e sociale, usare omosessuale al posto di frocio, o operatore ecologico al posto di spazzino. Ci dice che k è brutto, ma non ci dice nulla di come si usa una virgola. 

Ma non mi sembra troppo idealistico avvertire che una politica linguistica dettata dalla spettacolarità e dal moralismo porta a mascherare i veri problemi culturali (e solo successivamente linguistici) di una comunità.

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